I successori di Cosimo I non alterano in modo significativo l’assetto urbano della loro capitale; i progetti che promuovono consolidano però quell’interpretazione della città come spazio scenografico che era già stata annunciata nell’età cosimiana. Ha questa capacità soprattutto il complesso di palazzo Pitti, dove Ferdinando I, regnante dal 1587 al 1609, trasferisce definitivamente la residenza granducale. Con Ferdinando il corridoio Vasariano viene prolungato fino al palazzo, in modo da collegarlo senza soluzione di continuità con la precedente sede ducale – da adesso definita il Palazzo Vecchio – adesso riservata alle sedi degli organi di governo e delle magistrature. L’insediamento a palazzo Pitti della corte impone ampliamenti e sistemazioni. Un primo ingrandimento, realizzato durante il regno di Cosimo II (1609-1621), estende il corpo del palazzo quasi duplicandone la lunghezza. Un secondo ampliamento, ordinato da Ferdinando II (1621-1670), aggiunge alla facciata le ali laterali, più basse, trasformando il già grandissimo edificio quattrocentesco in un complesso di dimensioni enormi, che si impone sul tessuto urbano con un salto di scala paragonabile solo a quello della cupola di S. Maria del Fiore.
Agli ampliamenti della reggia corrispondono progetti e lavori per la regolarizzazione e l’ampliamento della piazza antistante, complicati dal dislivello tra la via Romana, alla base del grande slargo, e la quota del palazzo. La piazza si configura sempre più come uno spazio cerimoniale, un monumentale vuoto urbano che dilata improvvisamente gli spazi angusti della città medievale.
Sul lato opposto della reggia, anche il giardino di Boboli è oggetto di trasformazioni e ampliamenti. La palazzina del Belvedere, costruita da Cosimo alla sommità del giardino e poi trasformata con la costruzione dei bastioni in una sorta di villa fortificata – il forte di S. Giorgio o di Belvedere (1590-95) – rappresenta già un’articolazione di questo spazio verde. L’addizione di nuovi terreni sul lato meridionale, promossa da Cosimo II e quindi da Ferdinando II, ruota poi di 90 gradi l’orientamento del giardino, che adesso oltrepassa la linea delle fortificazioni cinquecentesche, ancora oggi ben leggibile, occupando tutto lo spazio tra il retro delle case di via Romana e le mura. Questo amplissimo spazio, attraversato da un lungo viale, è spartito da una serie di riquadri divisi da percorsi secondari e occupati da boschetti, che riproducono in un contesto naturale la logica degli isolati urbani. Statue, fontane, vasche d’acqua, piccole costruzioni e un anfiteatro che sfrutta la forma del declivio naturale alle spalle del palazzo arricchiscono il giardino, realizzando i traguardi su cui convergono percorsi e prospettive.
Boboli realizza l’ideale di spazio barocco che la Firenze seicentesca esprime altrimenti in modo marginale, nelle scenografie di feste e apparati che adesso usano l’Arno come teatro urbano, o nella villa medicea del Poggio Imperiale, ricostruita negli anni Venti del Seicento come scenografico fondale di un lungo asse viario aperto sul pendio di una collina fuori dalla porta di S. Pier Gattolini. Si rafforza anche il ruolo aulico e scenografico di via Maggio, a poca distanza da palazzo Pitti, dove già dalla seconda metà del Cinquecento si insediano o rinnovano le loro dimore esponenti della corte. La dignità della strada è sottolineata dal nuovo assetto dell’elemento che la conclude, il ponte a S. Trinita, decorato agli accessi da quattro statue in occasione del matrimonio di Cosimo II con Maria Maddalena d’Austria (1608). Va infine ricordata la costruzione della cappella dei Principi, il grande mausoleo mediceo posto sul retro della chiesa di S. Lorenzo, voluta da Cosimo e realizzata nel corso del Seicento. La cappella non altera l’assetto urbano della zona, ma la sua grande cupola va a costituire un ulteriore elemento distintivo del panorama cittadino, ormai articolato da una serie di emergenze e di rimandi visivi.