Nel contesto di una economia in espansione e del consolidarsi della partecipazione delle Arti al governo della città, nella seconda metà del XIII secolo si intraprende un insieme di opere pubbliche che definiranno la struttura urbana di Firenze nei secoli successivi. Queste opere rispondono a necessità funzionali, ma indicano anche l’affermarsi di una idea di città come fatto estetico, capace di rappresentare la condizione e le aspirazioni di una comunità attraverso l’assetto degli spazi pubblici e di una serie di edifici altamente significativi.
L’evoluzione del sistema di governo comunale a cui si assiste nel corso del Duecento dà luogo alla costruzione di una serie di sedi istituzionali, poli laici di una rete di riferimenti ideali e visivi a cui appartengono anche i complessi religiosi cittadini. Nel 1255 si inizia a costruire il palazzo del Capitano del Popolo – oggi noto come Bargello – sede della massima autorità militare e giudiziaria comunale. A poca distanza, nel 1299 viene avviato il cantiere del Palazzo dei Priori, l’odierno Palazzo Vecchio, per ospitare gli organi legislativi ed esecutivi del Comune. Nel 1296 inoltre si dà inizio alla costruzione della nuova grande cattedrale, che sarà intitolata a S. Maria del Fiore.
Si prevede anche una nuova cerchia muraria, resasi ormai necessaria a causa dello sviluppo dei borghi esterni alla cinta del XII sec. Progettate attorno al 1284 e costruite nella massima parte tra il 1299 e il 1331, e infine ampliate fino al borgo di S. Niccolò tra gli anni Sessanta e Ottanta del Trecento, le nuove mura si sviluppano per circa 8,5 km e comprendono un’area interna cinque volte maggiore rispetto a quella precedente, facendo di Firenze una delle città europee più estese dell’epoca. Il circuito risponde alla previsione di ulteriori espansioni inglobando una larga fascia di terreni a corona del vecchio nucleo cittadino; in Oltrarno l’ampliamento riguarda soprattutto l’area di S. Frediano e del Carmine, mentre nel tratto collinare, tra le porte di S. Giorgio e di S. Miniato, vengono riutilizzate le mura di metà Duecento.
La dilatazione della cerchia trasforma la città in un organismo progressivamente diradato, dove le zone periferiche alternano spazi aperti e costruiti, con schiere di semplici case, grandi orti e insediamenti monastici, che punteggiano la fascia di terreni prossimi alle mura. La città assume una forma più distesa anche grazie a un provvedimento emanato dopo il 1250, che impone di sbassare le moltissime torri consortili a un’altezza massima di 50 braccia (circa 29 m).
Un contributo determinante al nuovo disegno urbano che si va definendo è dato dalle chiese degli ordini mendicanti. Tutte costruite o ricostruite in forme grandiose tra la metà del Duecento e i primi decenni del Trecento, dinanzi alle loro facciate vengono aperte ampie piazze, che articolano e arricchiscono il sistema di spazi pubblici cittadini. Tra questi interventi, il ribaltamento della nuova chiesa di S. Maria Novella (1279) in direzione dell’Arno e lo sviluppo del complesso degli Umiliati in borgo Ognissanti, che vede la creazione di una piazza rivolta verso il fiume, sono alcuni dei segnali di un inedito rapporto con il principale corso d’acqua fiorentino, non più considerato come semplice infrastruttura, ma come ambiente urbano significativo per l’immagine della città.
Un’immagine delineata anche grazie a uno nuovo tipo di palazzo privato, specchio della élite imprenditoriale e mercantile. Agli aggregati informi di case e torri che costituiscono i tradizionali insediamenti delle consorterie familiari si sostituiscono, già dagli ultimi decenni del Duecento, residenze più compatte costituite da blocchi edilizi di tre o quattro piani, con file uniformi di finestre e al piano terra successioni di arcate che danno accesso a botteghe e fondaci. Alle piccole piazzole private degli insediamenti più antichi si sostituiscono in alcuni casi i cortili interni, che tenderanno a divenire sempre più spaziosi e regolari.