La transizione verso forme di governo comunali, le lotte vittoriose contro i feudatari del contado, il successo di attività produttive come quelle legate alla lavorazione della lana, e di imprese commerciali e bancarie con un raggio d’azione sempre più vasto, organizzate in corporazioni sempre più influenti, determinano tra il XII e il XIII secolo un periodo di grande sviluppo politico, economico e sociale, facendo di Firenze, alla metà del Duecento, una delle più popolose città europee e un centro economico di primaria importanza, nonostante gli scontri tra le due fazioni – guelfa e ghibellina – nelle quali si divide l’aristocrazia locale.
Il processo di saturazione degli spazi liberi tra la cerchia più antica di mura e quella del XII sec. avviene rapidamente, e molto presto lo sviluppo scavalca anche il nuovo circuito murario. Questa tumultuosa espansione distingue nettamente la «città vecchia», racchiusa entro le mura tardoantiche, dalla «città nuova», accresciuta all’esterno di esse. Nei progetti urbani emergono poi precise aspirazioni estetiche, frutto della nuova propensione verso la regolarità e la razionalità, considerate condizioni essenziali per ottenere quella bellezza alla quale nei documenti dell’epoca si fa cenno sempre più spesso.
La città si sviluppa combinando le direttrici lineari dei borghi con la presenza strutturante di una serie di nuovi poli, per lo più costituiti dalle chiese e dai conventi degli ordini mendicanti, intorno ai quali si concentra la vita e la crescita di interi settori urbani. L’insediamento a Firenze di questi ordini avviene in rapida successione: i Domenicani si insediano nel 1221 a S. Maria Novella, i Francescani prima del 1228 a S. Croce, nel 1250 i Serviti alla SS. Annunziata e gli Agostiniani a S. Spirito, gli Umiliati nel 1251 a Ognissanti, i Saccati a S. Egidio nel 1259, i Carmelitani a S. Maria del Carmine nel 1268. I frati si stanziano nella fascia esterna alle mura del XII sec., presso piccole chiese che successivamente sono ricostruite dando vita a grandi complessi conventuali. Spesso lo sviluppo riguarda anche i terreni circostanti, acquisiti o donati da benefattori, che vengono urbanizzati con schiere di semplici case, popolate dai nuovi abitanti giunti in città dal contado. Con la loro uniformità, e nonostante gli accrescimenti e le alterazioni, queste file di case connotano ancora oggi molte strade esterne alla cerchia del XII sec.
Nelle zone di nuova espansione si applica un disegno urbanistico che non è più basato su un reticolo ortogonale di strade e vicoli, come nella parte antica della città, ma su assi stradali ampi e rettilinei che mettono in collegamento diretto poli urbani e nodi viari creando soluzioni inedite, come la convergenza di più strade in un bidente – o «forca» – o in un trivio. Davanti alle nuove chiese degli ordini mendicanti vengono poi aperte ampie piazze, spesso con il contributo del Comune, che formano i primi grandi spazi pubblici cittadini dopo quelli destinati a mercato.
Nei vasti terreni a nord della cerchia di mura – il cosiddetto «Campus Regis» e il Cafaggio – le lottizzazioni sono svolte dall’episcopato o da privati a partire da percorsi esistenti, come l’asse di borgo S. Lorenzo e quello di Campo Corbolino (l’odierna via Faenza); oppure tracciando nuove vie rettilinee, che formano una rete viaria a maglie molto larghe e con ampi spazi verdi interni.
La crescita urbana riguarda anche l’Oltrarno, che dal XII-XIII sec. è ormai parte integrante dell’organismo urbano anche grazie alla costruzione di tre nuovi ponti: quello alla Carraia (iniziato nel 1218), all’estremità occidentale delle nuove mura, quello a Rubaconte (1237), in posizione simmetrica rispetto al precedente, e infine quello a S. Trinita (1252), dal quale prende avvio negli stessi anni un nuovo rettifilo – la «via Maggiore» o Maggio – che prelude alla piena urbanizzazione della parte occidentale dell’Oltrarno, raccolta attorno alle chiese di S. Frediano, di S. Spirito e del Carmine.