Nel 1494 ha fine il controllo mediceo sul governo repubblicano, con la fuga dalla città del figlio di Lorenzo il Magnifico, Piero, accusato di non avere contrastato l’occupazione di Firenze da parte del re di Francia Carlo VIII. Dopo la partenza delle truppe francesi viene varato un governo teocratico ispirato dal domenicano Girolamo Savonarola, che promuove un allargamento della partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. Il Consiglio Maggiore, istituito nel 1494 e dotato di ampi poteri, conta nominalmente circa 3600 membri; per ospitare le riunioni si costruisce in pochissimo tempo una grande sala sul retro del palazzo dei Priori – successivamente trasformata nell’odierno Salone dei Cinquecento – che costituisce il primo nucleo dell’espansione cinquecentesca del complesso. Dopo la scomunica e la condanna a morte di Savonarola, nel 1498, il regime repubblicano attraversa varie fasi di avversità, fino a quando nel 1512 il cardinale Giovanni dei Medici, eletto papa l’anno successivo con il nome di Leone X, riacquista il controllo della città. Un altro papa Medici, Clemente VII, nel 1527 provoca la ribellione di Firenze a causa della sua politica ambigua nei confronti dell’imperatore Carlo V, che invia un esercito nella penisola minacciando la città e mettendo a sacco Roma. La nuova repubblica fiorentina si trova subito a dover fronteggiare la rinnovata alleanza tra il papa e l’imperatore, che si impegna a riconsegnare la città a Clemente VII. L’assedio degli Imperiali del 1529-30 mette fine alle libertà repubblicane e ha come ultimo esito la nomina di Alessandro dei Medici a signore di Firenze.
Giovanni Stradano, L’assedio di Firenze, Palazzo Vecchio
Le tensioni che caratterizzano questi decenni pongono all’ordine del giorno il problema dell’adeguamento delle difese cittadine, ormai inadatte a fronteggiare le nuove tecniche offensive, basate sull’uso delle artiglierie. I primi interventi precedono il ristabilimento della repubblica e riguardano lo sbassamento delle porte e delle torri del circuito murario. Altri interventi, tra i quali la costruzione di bastioni a difesa delle porte principali, sono realizzati dalla nuova repubblica fiorentina. Nel 1529, poco prima dell’assedio, si procede a «dare il guasto» attorno alla città, cioè a distruggere tutte le costruzioni, la vegetazione e i coltivi, in modo da non offrire riparo agli assedianti. Si radono al suolo anche gli agglomerati sorti fuori dalle mura cittadine, tra i quali i popolosi borghi di S. Gallo, di S. Frediano e di S. Niccolò. Si decide inoltre di tagliare un intero settore cittadino, quello all’interno della porta a S. Pier Gattolini – oggi conosciuta come porta Romana – con un lungo baluardo realizzato compattando grandi masse di terra. Il nuovo riparo divide l’Oltrarno letteralmente in due, lasciando esposta alle artiglierie nemiche la zona più periferica. Si fortifica anche la collina di S. Miniato, che domina la città da meridione.
Negli anni successivi alla riconquista medicea della città, le fortificazioni abbozzate per l’assedio vengono perfezionate e rafforzate. Alessandro dei Medici ordina la costruzione di una grande fortezza a cavallo delle mura settentrionali della città, la fortezza di S. Giovanni, che è al tempo stesso un’opera di difesa dagli attacchi esterni e un deterrente nei confronti delle rivolte interne. Il mastio, che ingloba la trecentesca porta a Faenza, rivolge infatti la propria cannoniera verso la città. Dopo l’assassinio di Alessandro, nel 1537, il successore Cosimo dei Medici ne prosegue l’opera, trasformando i baluardi interni alle mura d’Oltrarno in un articolato fronte difensivo, che conferma e consolida l’arretramento del tessuto urbano in questa parte della città. I bastioni di S. Pier Gattolini rimangono a lungo come una cesura nella topografia cittadina, determinando la minore densità edilizia e il carattere più agreste che questa zona conserva tuttora. Uno di essi è ancora oggi visibile all’interno del giardino Torrigiani; un altro è servito per realizzarvi il giardino Corsi.