La lunga serie di edifici pubblici monumentali di cui Firenze comincia a dotarsi alla metà del Duecento culmina con la costruzione della cupola di S. Maria del Fiore (1420-1436) e della lanterna che la corona (1446-1472), che concludono un cantiere, quello della cattedrale, protrattosi per quasi 180 anni. La realizzazione della cupola, stabilita con un progetto del 1367, cambia per sempre l’immagine della città. La sua forma potente e le sue dimensioni gigantesche la impongono sul paesaggio urbano in maniera incontrastata, e ne fanno il principale riferimento visivo sia per chi si trova all’interno delle mura, dove la sua mole compare all’improvviso negli scorci consentiti dalla viabilità medievale, sia per chi osserva Firenze da lontano, legando la città al paesaggio che la circonda.
Il rapporto anche paesaggistico tra la città e il territorio circostante è uno degli elementi cardine della Firenze tardomedievale. Fin dal XIII secolo le campagne e le colline circostanti vengono costellate di ville e insediamenti signorili, che funzionano al tempo stesso come fattorie per i possedimenti agricoli circostanti, condotti a mezzadria, e come luoghi di svago per i loro proprietari, appartenenti ai ceti mercantili e imprenditoriali cittadini.
Domenico di Michelino, Ritratto di Dante, 1456, cattedrale di S. Maria del Fiore
In città gli esponenti di questi ceti, nelle cui mani è ormai saldamente il governo oligarchico successivo alla parentesi popolare del 1378-82, proseguono l’opera di rinnovamento edilizio già iniziata nei decenni precedenti, riconfigurando o ricostruendo le loro residenze e praticando una vasta e articolata opera di mecenatismo architettonico. Molto spesso le nuove residenze sono l’esito della rifusione di nuclei edilizi esistenti, unificati dalla costruzione di facciate regolari; in altri casi si costruiscono dimore completamente nuove, dove il rapporto tra palazzo e contesto urbano è reso più vario e complesso dalla presenza di ambienti in una qualche relazione con gli spazi pubblici: logge familiari, cortili, giardini. A questo risultato contribuiscono anche le piazze aperte, per iniziativa privata, davanti a qualcuno dei palazzi costruiti durante il XV secolo, come palazzo Rucellai e palazzo Pitti; mentre palazzo Medici istituisce un rapporto con la piazza e la chiesa di S. Lorenzo attraverso il vuoto del suo giardino.
Le iniziative medicee – di Cosimo il Vecchio, del figlio Piero e poi del nipote Lorenzo il Magnifico, attraverso i quali sempre più passano le decisioni del governo cittadino – hanno un effetto determinante sull’assetto urbano della Firenze quattrocentesca. La presenza del nuovo palazzo di Cosimo in via Larga – l’odierna via Cavour – e il finanziamento da parte della famiglia di imprese costruttive nella stessa area, come quelle che riguardano S. Lorenzo e S. Marco, qualificano questo settore urbano e ne favoriscono lo sviluppo. Il mecenatismo di Cosimo e di Piero stimola d’altra parte iniziative analoghe di alleati e avversari.
Un’azione simile viene svolta anche da Lorenzo il Magnifico, che attorno al 1490 promuove un progetto urbano per l’area compresa tra la cattedrale e la porta a Pinti, ancora caratterizzata da ampie zone libere. Questo progetto viene attuato in parte, con l’apertura delle odierne via della Colonna e via Laura e la lottizzazione di alcuni terreni; ma la zona conosce un rapido sviluppo anche lungo l’asse di borgo Pinti.
I decenni finali del Quattrocento sono del resto contraddistinti da un’attività edilizia molto intensa in tutta la città, favorita da una legge del 1489 che concede esenzioni fiscali a chi costruisce in aree non urbanizzate. Questo provvedimento e la vendita di molti terreni di proprietà ecclesiastica determinano una rapida crescita urbana lungo tutti gli assi stradali che innervano la periferia cittadina. Qui trovano spazio molti dei palazzi costruiti tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, che contribuiscono a determinare il nuovo volto della città facendo gradualmente prevalere l’architettura privata su quella pubblica.