Con l’arrivo della capitale, la sistemazione dei ministeri e degli altri uffici statali viene risolta scegliendo immobili già esistenti: sedi della vecchia amministrazione granducale, oppure complessi conventuali dismessi. Il piano di ampliamento della città, affidato all’architetto Giuseppe Poggi, prevede invece una serie di nuovi quartieri da realizzare al di là del tracciato delle mura. Per connetterli con il vecchio tessuto urbano, nella parte a nord dell’Arno si dispone l’abbattimento della cinta muraria. Al suo posto sono realizzati grandi boulevards alberati interrotti da piazze in corrispondenza delle porte maggiori, che vengono risparmiate per il loro valore storico e testimoniale. Le piazza attorno alla porta a S. Gallo e alla porta alla Croce, in particolare, sono realizzate con concetti architettonici unitari e con il ricorso a modelli urbanistici anglosassoni, dando vita nel primo caso a una square (cioè una piazza rettangolare con un giardino al centro) circondata da portici, nel secondo a un circus (una piazza circolare).
In Oltrarno Poggi prevede espansioni più contenute, concentrate soprattutto nelle aree pianeggianti fuori dalle porte a S. Frediano e a S. Niccolò. In questa parte di Firenze il circuito murario viene perciò mantenuto quasi integro. Anche qui si realizza una strada di circonvallazione, che prende le forme di un viale panoramico snodato sui rilievi collinari a ridosso della città, culminante in una grande terrazza affacciata su Firenze – il piazzale Michelangelo – e collegata da un sistema di rampe al lungarno.
Il piano di Poggi non riguarda però solo l’ampliamento della città, ma include anche importanti miglioramenti alle sue infrastrutture. Tra queste, in particolare, le opere idrauliche per la regimentazione dei corsi d’acqua minori, il nuovo sistema di approvvigionamento dell’acqua, lo spostamento dei macelli pubblici da S. Frediano a un’area alla periferia nord-ovest della città.
Nella parte interna al circuito delle mura, il progressivo aumento della popolazione registrato durante la prima metà dell’Ottocento aveva già spinto a saturare alcune aree libere. A partire dal 1862 si costruisce il quartiere del Maglio, nell’area alle spalle di S. Marco e della SS. Annunziata; dal 1864 prende corpo il quartiere della Mattonaia, nei pressi di S. Ambrogio, organizzato attorno a una grande piazza in forma di square. Si tratta di quartieri destinati in gran parte alla borghesia, che non risolvono la crescente carenza di alloggi a basso costo, aggravata dall’arrivo della capitale. Tra i provvedimenti adottati dal Comune, la convenzione (1865) con una impresa di costruzioni a carattere filantropico per la realizzazione di blocchi di abitazioni popolari. Il primo era stato costruito già nel 1849, nel quartiere di Barbano; altri nove sorgono in varie parti della città, realizzando grandi caseggiati per le classi lavoratrici, talvolta forniti al loro interno di alcune elementari attrezzature.
Contemporaneamente, il piano per la parte interna della città (1866) torna a prevedere l’allargamento di alcune strade – tra cui via dell’Oriuolo, via dei Cerretani, via Tornabuoni – e soprattutto il risanamento dell’area di Mercato Vecchio. Tra gli anni Ottanta e Novanta dell’Ottocento l’intera zona, costituita da un tessuto edilizio antichissimo e molto stratificato, viene distrutta sostituendovi una maglia regolare di isolati, dove grandi blocchi edilizi adibiti a attività commerciali, uffici e residenze borghesi conferiscono al centro della città un’immagine più moderna.
Quest’idea di modernità si realizza anche con il trasferimento del mercato delle vettovaglie, collocato in una grande struttura in ferro e vetro che sostituisce anch’essa un’antica area degradata nei pressi di S. Lorenzo; e con l’apertura dei lungarni della Zecca Vecchia, Serristori e Torrigiani (1870-1872), che danno pieno corpo a un’idea urbana legata alle grandi percorrenze viarie e concludono il processo di apertura della città verso il fiume.