La colonia romana di Florentia viene circondata da mura in laterizio, che formano una cinta quadrangolare con il lato meridionale inclinato e probabilmente gli angoli settentrionali smussati, in ragione della conformazione orografica del sito e della presenza di corsi d’acqua. Edificate all’incirca tra il 30 e il 15 a.C., le mura erano marcate dalla presenza di torri circolari poste a distanza regolare, dalla presenza di quattro porte principali, munite di due torrioni anch’essi circolari. Le mura si sviluppavano a nord secondo l’attuale allineamento di via dei Cerretani, a est sulla direttrice di via del Proconsolo, a ovest su quella di via Tornabuoni – al tempo probabilmente costeggiata all’esterno della cinta dal torrente Mugnone – e infine a sud secondo una direzione più o meno parallela all’Arno, coincidente con l’andamento delle attuali vie Vacchereccia e della Ninna. Le porte principali erano situate alle estremità delle due vie maggiori della colonia: il cardo massimo in direzione nord-sud, ancora oggi individuabile nell’allineamento delle attuali via Roma e via Calimala, e il decimano massimo in direzione est-ovest, coincidente con le vie Tornabuoni e del Corso.
Durante il periodo imperiale e quello tardo-antico si assiste a qualche adattamento puntuale della cerchia, dovuto all’espansione della città. Non si hanno precise attestazioni, invece, della situazione del circuito murario durante il periodo goto-bizantino, nel quale Florentia conosce un significativo ridimensionamento economico, demografico e urbano. Le rade testimonianze archeologiche e le pochissime fonti scritte suggeriscono l’immagine di una città spopolata, addensata attorno a fortificazioni sorta sui grandi complessi di epoca imperiale: il teatro, gli impianti termali, il Campidoglio. Alcuni studiosi hanno affermato la possibile esistenza in questo periodo di una cinta difensiva ridotta, organizzata collegando tra loro questi capisaldi. In assenza di prove archeologiche, si può comunque ipotizzare che la crisi affrontata dalla città tra il V e il VII sec., cioè tra le prime invasioni dei Goti e il periodo longobardo, sia accompagnata dall’abbandono di alcune parti periferiche della città e dal conseguente disuso di tratti della cinta, a vantaggio del rafforzamento in funzione difensiva di alcuni grandi complessi edilizi.
Le fonti non fanno menzione delle mura fino al X sec., ma è molto probabile che quelle di epoca romana, con i loro riadattamenti tardo-antichi, continuino a cingere la città durante tutto l’Alto Medioevo, e vengano riparate e rimesse in efficienza tra il IX e il X secolo, quando Firenze è oggetto di incursioni ungare e scandinave. La leggenda di una loro ricostruzione da parte di Carlo Magno è priva di fondamento, ma è la spia di un fenomeno di riorganizzazione urbana che adesso comincia a manifestarsi.
Alla volontà di Matilde di Canossa si vuol far risalire la sistemazione delle antiche mura e la costruzione di nuovi tratti difensivi estesi fino al fiume, nell’XI secolo. Questi interventi inglobano il borgo sviluppato in prossimità dell’Arno e comprendono all’interno della città anche la cattedrale di S. Reparata. È documentato sia dalle fonti sia dagli scavi il nuovo tratto che ad est congiungeva la città alla riva fluviale, partendo dal tergo della chiesa di S. Pier Scheraggio e costeggiando il fosso dello Scheraggio sino al castello di Altafronte.
La preoccupazione per la discesa in Italia dell’imperatore Federico I, unita alla necessità di salvaguardare i suburbi, determina la decisione di costruire nuove difese. Tra il 1172 ed il 1175 circa viene così realizzato una nuova cinta muraria, più grande della precedente e ruotata rispetto a questa di 45°. L’ampliamento della cinta comporta uno spostamento verso ovest del torrente Mugnone, che viene utilizzato come fosso difensivo. L’Oltrarno resta per il momento sguarnito di difese, o forse protetto solo da palizzate lignee. Qui una vera e propria cinta muraria difensiva viene costruita solo alla metà del XIII sec., per proteggere i borghi situati al di là del fiume, sempre più popolosi e importanti.
La crescita economica e politica registrata dalla città nella seconda metà del Duecento, accompagnata da una forte espansione demografica, determina la decisione di costruire di un nuovo grande circuito difensivo. Progettate attorno al 1284 e costruite nella massima parte tra il 1299 e il 1331, e infine ampliate fino al borgo di S. Niccolò tra gli anni Sessanta e Ottanta del Trecento, le nuove mura si sviluppano per circa 8,5 km e comprendono un’area interna cinque volte maggiore rispetto a quella precedente, facendo di Firenze una delle città europee più estese dell’epoca. Il circuito risponde alla previsione di ulteriori espansioni inglobando una larga fascia di terreni a corona del vecchio nucleo cittadino. in Oltrarno l’ampliamento riguardò soprattutto l’area di S. Frediano e del Carmine, mentre nel tratto collinare, tra le porte di S. Giorgio e di S. Miniato, vengono riutilizzate le mura costruite alla metà del Duecento.
Tra il 1529 e il 1530 la Repubblica fiorentina, riportata in vita dopo un primo periodo di signoria medicea, subisce l’assedio delle truppe imperiali, determinate a riconsegnare la città nelle mani di papa Clemente VII Medici. Per sopperire all’inadeguatezza del sistema difensivo cittadino, pensato per resistere alle tecniche offensive medievali e dunque non adatto a resistere all’impatto delle artiglierie, il governo repubblicano adegua le fortificazioni secondo nuovi criteri. La cinta muraria esistente è rinforzata con bastioni posti in corrispondenza degli angoli e delle porte, e viene fortificata la collina di S. Miniato con strutture di moderna concezione. Una lunga linea di difesa, in terra battuta, è inoltre realizzata all’interno della cerchia muraria d’Oltrarno, tagliando fuori la parte più periferica della città, indifendibile dal tiro delle artiglierie nemiche.
Dopo la capitolazione della Repubblica, nel 1530, e la nomina a signore di Firenze di Alessandro dei Medici, nel 1534 si dà inizio alla costruzione della Fortezza di San Giovanni (detta poi da Basso, per distinguerla da quella del Belvedere, situata alla sommità della collina di Boboli). La costruzione, a pianta pentagonale, costituisce un esempio molto avanzato di architettura militare, e ha al tempo stesso una funzione difensiva verso gli attacchi esterni e di deterrenza nei confronti di possibili rivolte interne. La fortezza si situa sul perimetro settentrionale della cerchia trecentesca, e ne ingloba la porta Faenza, che diventa parte del mastio posto sul lato rivolto verso la città.
Durante il principato di Cosimo I dei Medici, nella seconda metà del Cinquecento, prosegue l’adeguamento del sistema difensivo. In Oltrarno, in particolare, a partire dal 1544 viene consolidato il fronte bastionato costruito in previsione dell’assedio. Il fronte, anch’esso in terra battuta, partiva dalla collina di Boboli e terminava nell’area dell’attuale piazza Tasso, nei pressi della porta a S. Frediano, tagliando in due via Romana e via dei Serragli. Di questa opera difensiva rimangono i resti di alcuni bastioni, nei pressi di piazza Tasso, all’interno del giardino Torrigiani e in corrispondenza del giardino Corsi. Anche l’attuale giardino del Cavaliere e altri manufatti all’interno di Boboli sono parte di questo sistema di fortificazioni.
Nei secoli successivi il sistema difensivo della città perde progressivamente importanza militare, conservando la funzione di distinguere amministrativamente e fiscalmente la città dal suo contado. Già durante i regni della dinastia lorenese, e poi durante il periodo napoleonico e la successiva Restaurazione, gli interventi sulle mura hanno dunque per lo più lo scopo di adeguare gli spazi che le circondano alle nuove esigenze sociali. I percorsi che seguono il tracciato della cinta all’esterno e all’interno vengono trasformati in passeggi pubblici, le porte enfatizzano il loro ruolo di barriere daziarie e di luoghi di mercato, oppure accentuano la loro funzione di monumentali accessi alla città. In corrispondenza della porta a S. Gallo e della porta a Prato vengono realizzati, subito al di là delle mura, luoghi di svago e di passeggio.
La crescita demografica della città e l’affermarsi di nuovi stili di vita borghesi impongono la realizzazione di nuovi quartieri, uno dei quali, quello delle Cascine, viene costruito a partire dagli anni Cinquanta dell’Ottocento nel triangolo di terreno tra le mura e l’Arno in adiacenza al parco delle Cascine. Per unire il nuovo quartiere al resto della città si abbatte un lungo tratto di mura trecentesche, tra il bastione della Serpe, all’angolo sudoccidentale della cerchia di qua d’Arno, e la porticciola nei pressi di piazza Ognissanti. Si tratta del primo abbattimento riguardante la cerchia trecentesca dall’epoca della loro costruzione.
Con la proclamazione di Firenze nuova capitale del Regno d’Italia, nel dicembre 1864, diventa necessario provvedere all’ampliamento della città. Il piano, affidato all’architetto Giuseppe Poggi, prevede una serie di nuovi quartieri da realizzare al di là del tracciato delle mura. Per connetterli con il vecchio tessuto urbano, nella parte a nord dell’Arno si dispone l’abbattimento della cinta e la realizzazione al loro posto di larghi boulevards alberati, interrotti da piazze in corrispondenza delle porte maggiori. In Oltrarno, a causa della situazione orografica meno favorevole, le espansioni previste sono più contenute, concentrate soprattutto nelle aree pianeggianti fuori dalle porte a S. Frediano e a S. Niccolò. Qui il circuito murario viene perciò mantenuto integro, a eccezione di un tratto abbattuto tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, per aprire la nuova piazza Tasso verso il viale esterno.